Riding Yangon
Un videoclip musicale sul cammino ferrato intorno a Yangon
Dalla notte alla mattina e fino a sera. Dal binario 7 della stazione centrale di Yangon, in Birmania, attraverso le 38 stazioni che circondano la metropoli, disseminate con regolarità come fossero note a scandire lo spartito di un concerto lungo 46 chilometri. Fuori, un mosaico di paesaggi che oscillano tra l’urbano periferico e il rurale, ognuno con il proprio punto di accesso alla Circular Line.
Danyingon, Hledan, Kanbe e le altre. Piccole stazioni animate dalla esondante laboriosità del popolo birmano, con merci di ogni tipo disseminate ovunque sui binari, tassisti a pedali in attesa dei clienti, importatori di fiori dal nord del Paese, riti e abitudini quotidiane. Microcosmi di passaggio che vivono una vita propria, e punti di accesso alla grande città per decine di migliaia di persone.
Un caleidoscopio di volti, occupazioni e traiettorie personali che si incontra sui treni circolari, 23 ogni giorno, che in tre ore compiono il proprio tragitto e rientrano nella stazione centrale di Yangon, da dov’erano partiti. I vagoni di questi sferraglianti alfieri dell’eterno ritorno vivono della dialettica tra ripetizione e fugacità: lavoratori pendolari e viaggiatori occasionali, qualche raro turista straniero, famiglie e monaci, giovani attivisti e ragazzini attratti dai negozi e dalla vitalità della metropoli.
Questa è la Circular Line: uno spaccato della società birmana, che dopo decenni di regime e isolamento ha assaporato le prime avvisaglie di democrazia e apertura internazionale, in un momento storico di transizione e profonda trasformazione sociale, economica e politica. Fuori dal finestrino, si scorgono anche le elezioni, destinate a cambiare per sempre la mentalità della Birmania di oggi, lanciata sui binari della globalizzazione e della scommessa di creare un benessere diffuso per la emergente classe media del Paese.
Videoclip musicale